Non c’ero e non c’arrivo

Per la regola dei corsi e ricorsi storici, parlare del passato aiuta a capire meglio il presente.
Era il 1993, avevo nove anni e per quanto sapessi chi fossero Craxi, Spadolini e Nilde Iotti, non potevo capire davvero quel che accadeva nella politica italiana. Pertanto mi rivolgo a chi c’era: che mi aiuti a capire un fatto che no, non me lo so spiegare.
Un anno prima scoppia il caso di Tangentopoli, con la magistratura milanese a smantellare quel castello di magheggi finanziari che stava dietro ogni decisione pubblica. Una struttura di laute mazzette che vedevano colludere politici di ogni rango e interessi privati e che – secondo molti, tra cui Marco Travaglio – è all’origini dello spaventoso debito pubblico del nostro Paese. Dicono non ci fosse metro di strada, muro pubblico, manovra di aziende statali che non vedesse importi gonfiati a coprire trasferimenti illeciti di denaro. Era il tempo della “madre di tutte le tangenti”, ovvero la maxi tangente pagata dal poi suicida Raoul Gardini ai partiti politici per uscire dalla joint venture con Eni, un capolavoro paradigmatico del sistema perchè non solo toccava pagare per entrare, ma persino per uscire.
Nel 93 la rabbia popolare è a mille. Del 30 aprile di quell’anno è il famoso lancio di monetine a Craxi, al grido di “Vuoi anche queste, Bettino?” che abbiamo pubblicato su questo blog nel giorno del ventennale.
In una situazione del genere, nel mio modesto tentativo di lasciarmi guidare dalla logica, avrei cercato una soluzione che impedisse queste pericolose connivenze tra amministratori pubblici e privati, ovvero avrei cercato di agire sul cuore del problema, il passaggio di denaro illecito che da una parte gonfiava le tasche dei politici e dall’altro dissanguava le casse dello Stato.
Invece no. Lì accade quello che non mi spiego, ovvero con un referendum abrogativo votato da una impressionante maggioranza, il Popolo Italiano decise di tagliare i finanziamenti pubblici ai partiti, branco di ladri farabutti che non erano altro.
Orbene, è il nesso che mi manca. Se il problema era evidentemente un sistema crapulone al punto da non farsi bastare i contributi pubblici e corrotto al punto da cogliere ogni occasione buona per concedere favori pagati sottobanco, per quale ragionevole motivo si sarebbe dovuto ritenere che togliendo il contributo pubblico avrebbero dovuto smettere di rubare soldi pubblici attraverso il sistema delle tangenti negli appalti? Se trovassimo un distinto ragioniere di banca arrotondare lo stipendio facendosi pagare le commissioni in nero, per quale motivo dovremmo ritenere che lasciandolo al suo posto ma togliendogli lo stipendio, dovrebbe smettere di fare i suoi loschi affari, invece di moltiplicarli per recuperare lo stipendio perso? Vivrebbe d’aria?
Quel sistema di finanziamento pubblico era stato introdotto a seguito di scandali che avevano posto il problema degli accordi tra politica e imprenditoria – lo scandalo delle Babane del ministro Trabucchi e quelli petroliferi dei primi anni 70 – e meno di vent’anni dopo il problema non pareva essere stato risolto; a maggior ragione, se il supposto alla base del sistema di finanziamento si rivelò fallace – ovvero che ottenendo soldi pubblici, non ne avrebbero più cercati illegalmente – la risposta non poteva essere tornare alla situazione precedente, comprovatamente fallace.
A distanza di anni il problema si propone ancora, in parte uguale e in parte mutato nelle versioni più sciatte dei rimborsi gonfiati – si vedano il Piemonte, la Lombardia, il Lazio. Ancora, invece di proporre regolamenti più funzionali, più snelli, più incisivi, si surfa sull’onda della rabbia popolare e la soluzione proposta è un taglio tout court dei contributi pubblici ai partiti. Nuovamente ci troviamo a spingere la classe politica nelle braccia dei privati, che non si capisce per quale motivo, se fino ad oggi hanno finanziato la politica per avere appalti e tornaconto di ogni genere, da domani dovranno farlo per pura filantropia democratica.
Ma se i partiti servono per far funzionare la Cosa Pubblica, è così immorale, anacronistico o stupido ritenere che l’onere debba essere pubblico, e che le esasperazioni e i reati vadano combattuti circoscrivendo il problema?
Spero di sbagliarmi. Spero ci siano risposte logiche cui non ho saputo arrivare per personale miopia. Spero qualcuno, tra chi condivideva nel 93 e condivide oggi, sappia spiegarmelo perchè no, non c’ero e non c’arrivo.
E perchè ora, così, mi pare semplicemente l’esercizio di quella capacità tutta italiana di non c’entrare mai i termini di un problema nel pensarne le soluzioni, che è poi una delle principali cause della nostra abnorme burocrazia.

tangentopolimariochiesaarresto

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *