Illuminismo part-time

Credo che il lavoro fondamentale operato dal gruppo Bilderbergh (scherzo), negli ultimi trent’anni, sia consistito nello scavare un solco profondissimo tra una minoranza che forse distante da certi problemi cerca di dare soluzioni basandosi maggiormente su concetti di umanità e logica ed una maggioranza colpita da problemi insistenti e quotidiani che si è lasciata trasportare dalla parte della coscienza umana incattivita e volgare. In quest’ultima logica è da leggersi il progressivo inesorabile abbassamento del livello della cultura di massa nazional-popolare. Stiamo passando dall’amore per Battisti e De Andrè  a quello per Emis Killa  e Valerio Scanu. O in termini più seri ad un ritorno all’odio del diverso e dell’incitamento alla violenza che ci fa arretrare umanamente e socialmente. 

Ma sarà pure sempre colpa degli “altri ignoranti” (nessuna offesa, mi inserisco tra gli zoticoni pure io)? La distanza tra elitès “illuminate” e gente comune è stata rasa al suolo e ormai la gente comune odia gli “intellettuali” e gli “intellettuali” hanno finito per odiare la gente comune. Non c’è più alcuna comunicazione. Io questo la vedo come una tragedia. Di fronte a una persona,magari ingenua, imbarbarita da un sentimento nazional-popolare la reazione principale dell'”intellettuale” (le virgolette ovviamente sono ben volute) è quella di sfotterla, al grido di ignorante, capra, fascista/comunista, merda, idiota e via dicendo. Probabilmente questo portato da un’insistente frustrazione per frasi e atti che a volte rasentano il ridicolo e possono creare un moto di sdegno che manco Balotelli con i suoi tweet…  

Ma che risultati porta questo atteggiamento da chi dovrebbe “illuminare” le coscienze delle persone “comuni”? Alla fine quella persona odierà chi la sfotte e chi l’ha sfottuta non è riuscito a concludere nulla. Un disastro. No in realtà ha ottenuto qualcosa, ossia che il solco diverrà sempre più profondo. Io ho la convinzione, del tutto personale, che un sistema intellettuale/culturale che non sa dare nulla a chi non sa è un sistema morto e mortifero. Sfottere il razzista, in massa, è una dorata tentazione fatta della stessa natura del razzismo e che non ha neanche la scusante dell’ignoranza. Il che non significa fare finta di nulla oppure accettare questa piaga, ma cedendo alla tentazione dello sfottò da bar (in cui troppo spesso ho ceduto pure io) si corre il rischio di fare come la sinistra ha fatto per vent’anni contro Berlusconi ( o meglio, contro gli elettori di berlusconi) o di come il M5S sta facendo contro chiunque la veda diversamente dalla propria visione. Di fatto non porta a nessun risultato concreto e di sviluppo in meglio della società. Vero che a forza di provare a cancellare dialetticamente l’altro in un sistema mediatico e giornalistico italiano che si sposta sul carro del vincitore con una velocità da far spavento se fai sentire maggiormente la tua voce (legge dell’urlatore) puoi smuovere le coscienze, ma per convincere le persone bisogna persuaderle e per persuaderle bisogna partire dal loro punto di vista, confutarlo in tutti i luoghi e in tutti i laghi (maledetto Valerio Scanu) e proporre a tua volta soluzioni nuove che superino quella precedente( ma che non siano il ripetere di slogan buttati a caso).

Mi è capitato spesso di discutere con persone con idee lontanissime dalle mie e il primo passo (quando riuscivo a farlo e non cadere in questo meccanismo di voler annientare l’altro interlocutore ) è sempre stato di non rendere insanabili le fratture già esistenti. Voglio dire io sarò anche un’inguaribile ottimista ma un terreno dove discutere riesco a trovarlo quasi sempre, certo che far sentire uno un idiota se è furbo è cosa buona , ma quando si tratta di anime semplici a cui la vita , l’educazione o le frequentazioni non hanno dato materiale a sufficienza per sviluppare empatia, farli sentire dei cretini non serve proprio a nulla se non a rafforzare la loro volontà di difesa. E questo non è un trucco per voler avere ragione ad ogni costo, ma semplicemente un modo per avvicinarsi all’altro e cercare di infondere maggiormente le proprie idee che se supportate da una impalcatura culturale valida e da un lavoro personale di pensiero critico e non di fiducia cieca e incancellabile alla causa non possono che smuovere il dubbio nell’altro.

Ma come si può cercare di far ragionare persone che magari vivono quotidianamente sulla propria pelle situazioni difficili, che non riescono ad arrivare a fine mese e che sfocia questa sua frustrazione (giusta quest’ultima, ma non certamente lo sfogo proposto) su stranieri indiscriminatamente facendosi coprire gli occhi da una velo d’incoscienza che raggruppa chiunque non più per la loro natura di essere umano, ma per visioni  retrograde e ingiuste come quella di etnia,razza oppure di nazionalità? Una risposta a chi vive in quartieri degradati, in cui spesso la manovalanza criminale è identificabile nello “straniero” (al di là della effettiva cittadinanza), la dai se ricostruisci una comunità, se fornisci aiuti materiali con forme di mutualismo, se presidi il territorio e lo dissemini di luoghi di incontro. E nel lungo periodo, se sostituisci “lo straniero” nell’immaginario collettivo e lo aiuti a farlo concepire per quello che è, ossia  una persona esattamente come noi, magari riusciremo a fare un passo avanti.

 

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