Giusto perchè lo sappiate.

Ricordo come nel lontano 2003 – facevo quinto anno di ragioneria – promossi un’assemblea degli studenti per spiegare lo scoppio della guerra del Golfo. Insieme alla mia classe preparammo degli interventi che leggemmo e spiegammo agli altri 450 studenti dell’istituto. Di otto, l’unico a favore dell’intervento ero io.
Ricordo in particolare che cercai di controbattere all’obiezione imperante di una guerra fatta per il petrolio iracheno portando le “prove” – per quanto possa un ragazzo di 18 anni nel mezzo della provincia granda – dell’interessata contrarietà all’intervento di Francia e Russia, desiderose di mantenere in piedi i contratti di sfruttamento dei grandi giacimenti iracheni stipulati pochi anni prima con il regime di Saddam Hussein.
Ecco, a distanza di 12 anni, se il tempo mi abbia dato ragione o torto è del tutto controverso, basti pensare che io, Emilio Colombo e Fiorentino Sullo ci siamo letteralmente scannati sull’argomento davanti a un tè in un locale rinomato del centro, da buoni radical chic quali cerchiamo ogni tanto di essere.
Quello che invece mi pare evidente, è la disinvoltura con la quale questo argomento possa essere glissato all’occorrenza e ribaltato a convenienza: in Libia interverremo a difendere i pozzi petroliferi dell’Eni che ancora li controlla respingendo gli assalti dei miliziani, perchè lo scatolone di sabbia di Salvemini non era poi così male, ma siccome non siamo gliammerigani e al governo non c’è Berlusconi nemmeno Sel prova più ad ululare alla speculazione imperialista; in Nigeria nessuno interviene poichè i miliziani di Boko Haram seminano morte al Nord, mentre i giacimenti petroliferi stanno al Sud, abbastanza lontani al momento dalla jihad africana per consentire ai colossi petroliferi – tra cui sempre Eni – di continuare a distruggere il sistema ambientale sociale e politico del Paese.
Ma qualcosa mi dice che quando l’espansione del Califfato globale arriverà a danneggiare seriamente gli interessi legati al petrolio – ben oltre al controllo di alcuni giacimenti tra Siria e Iraq e al mercato nero che alimentano oggi, per lo più vendendo sottoprezzo a paesi con difficoltà di acquisto – quel giorno la sorte del Califfato sarà segnata.
E a noi non resterà che tirare un sospiro di sollievo e dimenticarci in fretta di tutta questa faccenda, come sempre.

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