Archivio mensile:Maggio 2013

Sicuramente questo periodo di Crisi non è stitico di movimenti politici, che paiono crescere come funghi. Ovunque ci si giri si trovano gruppi che intraprendono con più o meno fortuna la strada dell’approccio civile alla Politica dei professionisti. Dal Popolo viola che non ho ben capito se sia divenuto arancione, alla lanciatissima e ora – pare – ingolfatissima Italia Futura di Montezemolo, al glorioso M5S di Grillo e Casaleggio passando per Fare per fermare il Declino e una miriade di altri (forse anche questo nostro gruppo, sorellastre Bandiera in lettura?).

Oggi mi permetto di segnalare un movimento con un nome nè originale nè bello, e che riesce a fare pure peggio con l’acronimo: PIN (Partito Italia Nuova) e con il logo – concepito in coordinato sullo slogan “la chiave sei tu” -: una serratura in salsa tricolore, che uno si aspetterebbe di veder spuntare almeno almeno Edwige Fenech e invece nulla.
A parte questo, però, il sito merita di essere sfogliato, se si ha qualche minuto di tempo – nelle pagine che contano, ovvero nella sezione IL PROGRAMMA – soprattutto per un motivo: lo scatenato anti-europeismo, argomentato a dire il vero partendo da posizioni discutibili, come lo stesso assunto di Nazione da cui parte la riflessione al primo punto di programma, quella che riguarda l’abbandono dell’Euro e la reintroduzione della Lira. Dovrebbe già bastare questo per chi, come noi, si nutre di ciò che non condivide per ridiscutere e eventualmente rafforzare le proprie idee. Ma qualche altro spunto interessante qua e  là c’è. Interessante poi la sezione “il fisco della nuova Italia” che dovrebbe servire – in modo non esaustivo ma buono il tentativo – a dare giustificazione e sostanza ai punti programmatici del movimento (o partito, ma in Italia c’è differenza oramai?).
Molto interessante, infine, il commento di tale Pio proprio alla sezione sul fisco: se vi sbrigate a sbirciare la pagina, dovreste ancora trovarlo, davvero una chicca del buon gusto e della sensatezza. Buona visione.

http://www.partitoitalianuova.it

La politica del buongiorno/buonasera

E ora, naturalmente, infuria la polemica, cavalcata da destra e da manca tra vigore e
approssimazione. Le città non sono sicure, ci sono troppi mao mao, troppi stranieri,
troppe cose che non vanno. La follia di un assassino con piccone diventa un fatto
politico, colpe da imputare, soluzioni drastiche, slogan e raccolta di firme, ma anche
risposte banali, buonismo, antagonismo obbligato.
Sia chiaro, chi scrive qui non si sottrae all’idea che la politica possa riguardare tutto
ciò che si ponga sotto forma di problema nella vita di una comunità; non può non notare
fermamente quanto – con buona pace di molti – fatti come questo aprano la vista sulla
nostra – apparente – impotenza.

Non è terrorismo, non è delinquenza nè comune nè organizzata, non è nemmeno un foglio di
via disatteso la vera radice della tragedia, la causa sottovalutata che si sarebbe potuta
fermare. E se non è nessuna di queste cose, allora le nostre possibilità di fermare il
male d’improvviso diventano sterili: possibile che nessuno abbiamo chiamato la polizia
nell’arco di tre ore? Forse che l’abbiano chiamata, ma forse anche che la città è larga e
stretta abbastanza da far sì che carabinieri e un uomo armato di piccone in tre ore non si
incontrino mai. E chi gli ha dato il piccone? Possibile che un piccone stia nelle mani di
un pazzo? Aboliamo i picconi. Aboliamo i pazzi. Aboliamo i clandestini e per sicurezza
anche gli immigrati tout court, e gli emigrati, aboliamo gli amanti traditi, gli ex
mariti, i licenziati, gli imprenditori in difficoltà, le pistole, le taniche di acido, ma
anche, per sicurezza, i coltelli, gli assegni, i fiammiferi, i liquidi infiammabili, i
corpi contundenti, i lavoratori vessati, i raptus di follia in genere, le violenze
domestiche e ci fosse bisogno pure le case in cui avvengono; e pure gli chante claire che
non si sa mai.

Se non è la politica delle leggi, dei provvedimenti, delle ingiunzioni, delle forze
dell’ordine e delle sentenze a poterci mettere prima o poi al riparo da queste
degenerazioni della follia, forse lo sarà la politica più democratica di tutte, la
politica della porta accanto, la politica di chi si sveglia la mattina per andare al
lavoro e incontra il prossimo, una politica fatta di buongiorno/buonasera, prego, una mano
se possibile gliela dò.
Non parlo di solidarietà, che per stessa definizione fuoriesce da sè per andare verso
altri, nè tiro in ballo tutte queste buone parole da bandiera della pace. No, parlo di
qualcosa di basico, del minimo sindacale d’una serena umanità come approccio alla propria
vita, l’unica vera essenziale presa di coscienza squisitamente politica che ogni cittadino
dovrebbe avere: non l’informazione, la militanza, la proposizione, il controllo, la
rivoluzione. Semplicemente l’educazione di chi sa che prima di tutto è uno tra suoi
simili, non l’unico al Mondo tra una marmaglia di rompiballe o marionette da trattare a
pesci in faccia a seconda dell’umore. La politica di chi non salta la fila e tarda ad
alzare la voce. Quale consapevolezza più democratica? Perchè è questo errore di partenza
il comune denominatore di tutte le brutture di questo Mondo, di questi che sono drammi
sociali, covati all’interno di screzi, di rapporti astiosi, di rivalse e rivalità di
entità miserevole, spesso così incubate da diramarsi su tutto ciò che sta intorno,
diventare rabbia sbraitata in faccia a sconosciuti. E a fermarle sarebbe bastata una buona
parola al momento giusto, magari un mezzo sorriso gratuito, una gentilezza, semplice
educazione.
La nostra vita spesso è più questione di decoro che di sostanza, di forma più che di
realtà, e il tono con cui la si affronta è più importante di tutte le quisquilie vere o
presunte che l’attraversano. Insomma, l’unica politica in grado di far sentire
contemporaneamente gli altri meno soli e noi stessi meno disarmati di fronte al nostro
Mondo; e in definitiva, l’unica politica in grado di fondare i pilastri dello Stato
proprio attorno a noi, come già ci suggeriva – a suo modo – il buon vecchio Ennio Doris.

 

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Degno o non degno?

Brevemente per chi non avesse seguito la vicenda: Letta nomina Michaela Biancofiore (PDL) sottosegretario alle Pari Opportunità. Alcune associazioni gay insorgono, accusando la Biancofiore di essere omofoba e dunque non degna di ricevere un incarico presso le Pari Opportunità.
Letta allora prima le toglie l’incarico e poi la nomina sottosegretario alla Pubblica Amministrazione.
Questo caso mi suggerisce tre domande. Prima: lo sappiamo tutti che le nomine sono politiche e che il posto nel governo alla Biancofiore non è stata un’idea di Letta, quanto un’imposizione di Berlusconi, ma Letta, che già conosceva le sue idee e opinioni in materia, non poteva inserire subito in un’altra casella l’onorevole pidiellina? (la quale, nella vicenda, ha mantenuto un atteggiamento tutto sommato dignitoso: non ha rinnegato le cose dette in precedenza e ci ha risparmiato la frase più gettonata tra gli omofobi “ho un sacco di amici gay”)
Seconda domanda: chi è degno o non degno di rivestire un incarico di governo, chi lo stabilisce? Il Presidente del Consiglio in accordo col Presidente della Repubblica come prevede la Costituzione o le associazioni che riescono a gridare più forte? (Alcune associazioni ambientaliste sono sorte contro la nomina di Girlanda, imprenditore edile, alle infrastrutture, ma non le ha cagate nessuno)
Terza domanda: ma se una persona non è degna di ricoprire un incarico di governo è degna di ricoprirne un altro? O forse più semplicemente la Pubblica Amministrazione è una fogna dove scaricare tutti i cosidetti impresentabili? (Non a caso l’altro sottosegretario alla P.A. è Gianfranco Miccichè?)
E infine per fare facili ironie: siamo sicuri che nella Pubblica Amministrazione non ci siano omosessuali?