Archivio mensile:Dicembre 2013

Due parole sul tema dell’aborto

Comprendo in pieno le motivazioni che stanno alla base della nuova proposta di legge
licenziata pochi giorni fa dal governo spagnolo in tema di aborto: limitarne la possibilità
al caso di gravidanza da stupro o per motivi di salute della madre.
E’ un terreno minato, argomentare diversamente dalla strenua difesa della
libertà di aborto senza venire tacciato di integralismo cattolico è pressoché impossibile contro la superficialità di un certo attivismo, come se la nascita e la morte fossero argomenti che riguardino solamente chi professa un credo religioso e esentassero tutti gli altri.
Invece è un problema civile, che si può cercare di trattare
con categorie oggettive. Ed è attraverso un ragionamento oggettivo che posso
comprendere le motivazioni: oggettivo è che ognuno di noi sia vivo per il fatto che la
propria madre non abbia deciso un aborto, ovvero che sia nato per una fecondazione
naturale non seguita da un’azione volontaria di interruzione; oggettivo il fatto che la riproduzione sessuata umana funzioni da almeno 2 milioni di anni, e che ognuno di noi lo sappia o sia quantomeno tenuto a saperlo; oggettivo è la somma prodotta da queste due considerazioni, ovvero che il feto – che sarà uomo
come noi siamo stati feti – non abbia possibilità di far valere la propria volontà alla nascita
mentre chi prima lo concepisce e poi lo elimina esercita in sequenza due libere volontà su di lui.
Ribadisco, oggettivo: le conseguenze e considerazioni che si vogliano tirare fuori sono
un’altra questione, ma non possono trascendere dalla fermezza di queste affermazioni.
Quello che chi pensa, propone e difende una legge del genere però non comprende è l’esistenza di una terra di mezzo tutt’altro che trascurabile tra la legalità e la legittimità, e l’impossibilità di far combaciare perfettamente Etica&Morale con la Legge.
La realtà non è formata da una contiguità netta tra bene e male, tra giusto e ingiusto, tra legittimo e illegittimo. Ci sono sfumature e ci sono sovrapposizioni che costringono alla scelta tra cose entrambe legittime, o entrambe giuste, e altre che costringono a sacrificare la piena coerenza per raggiungere un bene successivo. Il diritto di un futuro padre a vedere nascere il figlio concepito, per restare nel tema, non è inferiore al diritto in merito della donna, ma inevitabilmente nello scontro tra i due cede, perchè tutelarlo significherebbe costringerla a crescere dentro sè una vita che rifiuta. Se è vero, come detto, che la donna esercita due volte la propria volontà rispetto a quella del nascituro – e una in più dell’uomo con il quale lo ha concepito – è altrettanto vero che il bene che è una nascita nella visione qualitativa della creazione cosciente di vita non può derivare da una punizione, quale sarebbe costringere la donna ad una gravidanza che non vuole, e trasformarla in un’incubatrice umana significherebbe andare contro gli stessi principi di sacralità della maternità che si vorrebbero indirettamente difendere.
Quello scostamento tra legale e legittimo attiene ancora – grazie a Dio – al libero
arbitrio, ed è proprio quello l’unico terreno sul quale l’Uomo può progredire: se un Mondo in cui la Legge si dipana inesorabile a regolare qualsiasi aspetto e scelta della Vita distinguendo nettamente tra giusto e ingiusto sarebbe un mondo ordinato, solo quello che lasci ampi spazi alla scelta individuale anche nelle dinamiche relazionali – come nel caso della relazione madre-concepito – potrà sperare di essere un giorno un mondo migliore.

Non c’ero e non c’arrivo

Per la regola dei corsi e ricorsi storici, parlare del passato aiuta a capire meglio il presente.
Era il 1993, avevo nove anni e per quanto sapessi chi fossero Craxi, Spadolini e Nilde Iotti, non potevo capire davvero quel che accadeva nella politica italiana. Pertanto mi rivolgo a chi c’era: che mi aiuti a capire un fatto che no, non me lo so spiegare.
Un anno prima scoppia il caso di Tangentopoli, con la magistratura milanese a smantellare quel castello di magheggi finanziari che stava dietro ogni decisione pubblica. Una struttura di laute mazzette che vedevano colludere politici di ogni rango e interessi privati e che – secondo molti, tra cui Marco Travaglio – è all’origini dello spaventoso debito pubblico del nostro Paese. Dicono non ci fosse metro di strada, muro pubblico, manovra di aziende statali che non vedesse importi gonfiati a coprire trasferimenti illeciti di denaro. Era il tempo della “madre di tutte le tangenti”, ovvero la maxi tangente pagata dal poi suicida Raoul Gardini ai partiti politici per uscire dalla joint venture con Eni, un capolavoro paradigmatico del sistema perchè non solo toccava pagare per entrare, ma persino per uscire.
Nel 93 la rabbia popolare è a mille. Del 30 aprile di quell’anno è il famoso lancio di monetine a Craxi, al grido di “Vuoi anche queste, Bettino?” che abbiamo pubblicato su questo blog nel giorno del ventennale.
In una situazione del genere, nel mio modesto tentativo di lasciarmi guidare dalla logica, avrei cercato una soluzione che impedisse queste pericolose connivenze tra amministratori pubblici e privati, ovvero avrei cercato di agire sul cuore del problema, il passaggio di denaro illecito che da una parte gonfiava le tasche dei politici e dall’altro dissanguava le casse dello Stato.
Invece no. Lì accade quello che non mi spiego, ovvero con un referendum abrogativo votato da una impressionante maggioranza, il Popolo Italiano decise di tagliare i finanziamenti pubblici ai partiti, branco di ladri farabutti che non erano altro.
Orbene, è il nesso che mi manca. Se il problema era evidentemente un sistema crapulone al punto da non farsi bastare i contributi pubblici e corrotto al punto da cogliere ogni occasione buona per concedere favori pagati sottobanco, per quale ragionevole motivo si sarebbe dovuto ritenere che togliendo il contributo pubblico avrebbero dovuto smettere di rubare soldi pubblici attraverso il sistema delle tangenti negli appalti? Se trovassimo un distinto ragioniere di banca arrotondare lo stipendio facendosi pagare le commissioni in nero, per quale motivo dovremmo ritenere che lasciandolo al suo posto ma togliendogli lo stipendio, dovrebbe smettere di fare i suoi loschi affari, invece di moltiplicarli per recuperare lo stipendio perso? Vivrebbe d’aria?
Quel sistema di finanziamento pubblico era stato introdotto a seguito di scandali che avevano posto il problema degli accordi tra politica e imprenditoria – lo scandalo delle Babane del ministro Trabucchi e quelli petroliferi dei primi anni 70 – e meno di vent’anni dopo il problema non pareva essere stato risolto; a maggior ragione, se il supposto alla base del sistema di finanziamento si rivelò fallace – ovvero che ottenendo soldi pubblici, non ne avrebbero più cercati illegalmente – la risposta non poteva essere tornare alla situazione precedente, comprovatamente fallace.
A distanza di anni il problema si propone ancora, in parte uguale e in parte mutato nelle versioni più sciatte dei rimborsi gonfiati – si vedano il Piemonte, la Lombardia, il Lazio. Ancora, invece di proporre regolamenti più funzionali, più snelli, più incisivi, si surfa sull’onda della rabbia popolare e la soluzione proposta è un taglio tout court dei contributi pubblici ai partiti. Nuovamente ci troviamo a spingere la classe politica nelle braccia dei privati, che non si capisce per quale motivo, se fino ad oggi hanno finanziato la politica per avere appalti e tornaconto di ogni genere, da domani dovranno farlo per pura filantropia democratica.
Ma se i partiti servono per far funzionare la Cosa Pubblica, è così immorale, anacronistico o stupido ritenere che l’onere debba essere pubblico, e che le esasperazioni e i reati vadano combattuti circoscrivendo il problema?
Spero di sbagliarmi. Spero ci siano risposte logiche cui non ho saputo arrivare per personale miopia. Spero qualcuno, tra chi condivideva nel 93 e condivide oggi, sappia spiegarmelo perchè no, non c’ero e non c’arrivo.
E perchè ora, così, mi pare semplicemente l’esercizio di quella capacità tutta italiana di non c’entrare mai i termini di un problema nel pensarne le soluzioni, che è poi una delle principali cause della nostra abnorme burocrazia.

tangentopolimariochiesaarresto

 

 

Un consiglio a Silvio Berlusconi

Pare che Silvio Berlusconi domenica sera si sia precipitato a telefonare a Matteo Renzi per congratularsi e che il Cavaliere e i suoi fedelissimi non vedano l’ora di andare alle elezioni, provando rabbia verso Alfano che non ha nessuna voglia di tornare alle urne.
Credo sinceramente che in questo momento gli interessi di Silvio Berlusconi siano difesi molto meglio da Alfano che dal Cavaliere stesso.
Perché andare ora alle urne con Berlusconi (o chi per lui) contro Renzi sarebbe un massacro per l’autoproclamato leader dei Moderati. Berlusconi da vent’anni fa la stessa campagna elettorale attaccando gli avversari a suon di “comunisti!” “partito delle tasse!” “toghe rosse!”!
Inoltre ad ogni comizio dal 94 evoca con terrore e sgomento “i signori della sinistra”, che a suo dire rappresentano e provocano ogni male del paese. Beh i cosidetti “signori della sinistra” (credo sia rivolto principalmente a Massimo D’Alema) domenica sono stati sonoramente sconfitti proprio da quel Matteo Renzi che al primo voto utile sarà il candidato alla Premiership del Centro-sinistra.
E che argomenti potrà usare il nostro Silvio contro il giovin Matteo? Se evocherà “i signori della sinistra” si sentirà rispondere “io li ho battuti e fatti fuori dal mio partito”. Potrà gridare ai “comunisti!” contro un ex Dc accusato di non essere abbastanza di sinistra e che nel suo primo discorso da leader del PD ha attaccato i sindacati? E le “toghe rosse”? Renzi non ha mai rilasciato dichiarazioni sui problemi giudiziari dell’ex Premier, al più ha detto che le sentenze si rispettano ma senza mai accanirsi un minimo.
Bel problema per Silvio andare a votare contro questo qui, dovrà trovare nuovi argomenti. Può provare a puntare sul suo amore per i cani e accusare i magistrati di perdere tempo a indagare su di lui invece di preoccuparsi della piaga dell’abbandono dei dolci quadrupedi in autostrada. Oppure può ricevere i forconi e formare con loro un’alleanza contro capitalisti e finanzieri. Qualcosa gli verrà in mente, tante sono le strade che può percorre quel genio (perché è un genio, se del bene o del male lo dirà la storia),ma intanto prenda tempo. Ascolti Alfano, aspetti un paio d’anni, lasci che Renzi si logori a fare il candidato in eterno e che gli si possa addossare un po’di colpe del Governo Letta. Da qui al 2015 chissà quante idee che verranno…