Archivio mensile:Giugno 2014

La banalità del nero

Da domani, in Italia, i pagamenti superiori ai 30 euro potranno essere saldati in bancomat anche per le prestazioni di professionisti, artigiani, piccoli commercianti. Tracciabilità delle transazioni per la lotta all’evasione fiscale. Una misura che ignora totalmente una verità innegabile: spesso, a chiedere l’evasione sono i clienti stessi.
Il nero in Italia ha funzionato e funziona sotto molteplici punti di vista, non solo come modo per sottrarre disonestamente guadagni allo Stato, ma anche come forma di autofinanziamento per piccole imprese e di risparmio per i consumatori. L’evasore non è solo l’imprenditore con il Suv, ma anche l’artigiano che deve pagare il garzone e la madre che deve portare il figlioletto all’ennesima visita specialistica. Non ammettere questo significa negarsi la possibilità di capire la dinamica del nero e individuarne i motori. Significa non capire che la base dell’evasione non siano la disonestà nè la necessità, quanto piuttosto una certa superficialità derivata dal caos dell’impianto fiscale. Tanto più il sistema appare confusionario, eccessivo, ingiusto, tanto più si diffonde nella popolazione l’incapacità di vedere oltre l’evasione fiscale il male che ne deriva, solleticando la nostra passione per l’ignorare le regole di cui non si vede chiaro il motivo e il pericolo.
Se chi impone le regole lo fa nel modo sbagliato – o impone regole sbagliate – chi le subisce tenterà di sottrarvisi non solo per voglia di disobbedienza, ma anche semplicemente per quieto vivere.
E così ti ritrovi quotidianamente clienti di qualsiasi genere ed estrazione sociale a dirti che “la fattura non serve”, e cercare di far capire loro che quel 22% in più da sommare al conto non sia un dispetto che gli si vuol fare, ma un dovere importante. “Noi per motivi etici preferiamo fare fattura”, e ti guardano come se gli facessi deliberatamente un torno senza motivo.

Sorelle pagelle

Una personale assegnazione di voti spenti i roboanti motori delle campagne elettorali. E scusate il titolo puerile.

Voto 1 – come lo slogan del Movimento 5 stelle, uno vale uno: la lotta contro la Casta crapulona vale dove i soldi ci sono, mentre nei comuni sono finiti da un pezzo. Qui occorre costruire, non c’è niente da demolire. Spaesati.

Voto 2 – ai carbonari di 100 lampadine, che non rientravano mai prima di quell’ora della notte. All’assessore Mignacca tra un po’ gli viene o’ schioppone, ma non abbiamo fatto vedove, ragazzi.

Voto 3 – a quelli che su Facebook sostenevano amici parenti conoscenti dirimpettai colleghi santi e navigatori scrivendo con il tasto del maiuscolo inserito: piantatela di urlare, per Dio.

Voto 4 – a quei quattro che invece di fare politica seria – piazzare la bandiera di lista al momento giusto nel posto giusto – accompagnavano il candidato sindaco come ombre, e smontavano i palchi dopo le serate di chiusura campagna, restando con i sacchi dell’indifferenziato in mano. Urge partire dalle priorità, asini.

Voto 5 – alla campagna elettorale del centro destra: potevano unire la forza dell’uomo più amato della città al vantaggio di una lunga opposizione, bastava un programma di sostanza mediocre, senza infamia e senza lode. Non l’hanno fatto.

Voto 6 politico – alla mia personale campagna elettorale: minimo sforzo, obiettivo centrato sul rotto della cuffia. Signora, suo figlio potrebbe, ma non si applica.

Voto 7 – alla capacità oratoria di Antonio Martorello: se la politica si facesse per radio come ai tempi di Churchill, lui sarebbe primo ministro e noi in guerra con la Merkel.

Voto 8 – al nuovo record di pista di attacchinaggio notturno, con il duo Mina-Bogetti che completano il circuito Loreto-Mellea da 60 cartelloni elettorali piazzati in 2 ore e 15 primi, perferzionando il record che resisteva dalle elezioni politiche dell’82.

Voto 9 – alle voci su Davide Sordella: per settimane vi siete persi dietro alle falsità messe in giro apposta da noi complottisti per distogliervi dalle terribili verità che lo riguardano, e ora ve lo beccate sindaco. Ma quale Argentina, quale Miami, quale Paglialonga sindaco: se ne va 4 anni a Pietra Ligure e lascia le chiavi della città agli zingari di piazza Castello, che le useranno per rigarci le macchine.

Voto 10 – al già citato Gianni Mina, perchè se ci fossero in giro più appassionati veri come lui, la politica sarebbe un posto migliore.