Il silenzio di Silvio

Fino ad un mesetto fa, Silvio Berlusconi manteneva la scena della politica e dei notiziari con la conta dei grandi elettori per l’elezione del Quirinale. Fosse diventato Presidente, ci sarebbe l’ironia della sorte a vederlo cimentarsi nella direzione di un consiglio di guerra contro il sodale storico Vladimir Putin.
Ora, invece, il suo silenzio sulla questione sta assumendo una forma che sarebbe imbarazzante, se non ci fossero cose più importanti cui badare. Non sono pochi, però, gli osservatori, gli opinionisti e gli avversari politici che non perdono l’occasione per imputargli il lungo e giocoso passato di amicizia con lo Zar del Cremlino, spesso con il corredo di fotografie tra colbacchi, sorrisi a cinquanta denti, piante esotiche di Villa Certosa e scodinzolate di Dudù.
Certamente uno smacco per chi, come Berlusconi, da venti anni andava ripetendo di aver messo la parola fine sulla Guerra Fredda con gli incontri Usa – Russia di Pratica di Mare. La sua – non del tutto autoriferita – capacità diplomatica ribaltata in pochi giorni dall’aggressività concludente dell’amico Vladimir. Ma il gioco a ridicolizzarlo lascio lo spazio ad una ennesima geometria variabile, un paradosso da manuale della politica demagogica e distratta dei nostri giorni: a perseguire il dialogo ostinatamente si rischia di essere considerati una colomba della pace quando le cose vanno bene da sole, e l’utile idiota a servizio del tiranno quando le cose si complicano.

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