Titolo a piacere

Chi in una mano brandisce il “Je suis Charlie” e con l’altra raccoglie le firme contro le moschee, che dichiara “serve una guerra”(ndr Gasparri), mi fa pensare che di libertà non abbia capito molto o che semplicemente non sappia il francese. Spesso si parla del fondamentalismo islamico, e dell’ISIS (o IS) in particolare, senza mai spiegare che quel movimento ultrareazionario e islamonazista è l’esito di decenni di precise scelte politiche, militari ed economiche. Scelte di cui l’occidente è anche stato promotore volontario ed involontario. È senz’altro più comodo parlarne come se certe dinamiche fossero nate dal nulla, o meglio, da una misteriosa inclinazione di tutti i musulmani per il fanatismo e la violenza politica. In questo modo, si può piegare la lotta al terrorismo- giusta e sacrosanta- a una generica politica della paura, che è la stessa politica che ha portato al Grand design di Bush, di cui i frutti marci raccogliamo ancora oggi. In atto non c’è uno scontro delle civiltà, ma uno scontro tra fondamentalisti e moderati, che questi appartengono in modo trasversale a tutte le società, ed è il fondamentalismo di ogni sorta- religioso,nazionalista, fascista- che si deve contrastare. La risposta europea deve essere politica, rivolta verso l’inclusione delle diversità, di una lotta alla povertà e all’esclusione sociale, di una rivisitazione della politica estera europea e di una Unione Europea più integrata. Che la conseguenza di un attentato contro la libertà sia un giro di vite contro le libertà non deve diventare il paradosso di questi mesi.

(l’articolo è a firma di Fiorentino Sullo, che però si è perso le password e tocca a Mariano Rumor pubblicarlo)

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